Il Bergamotto è un agrume tipico delle coste reggine, di dimensioni simili ad una arancia, contraddistinto da tempo per le sue proprietà molto apprezzate in campo cosmetico.
Più di recente, si stanno apprezzando anche le sue proprietà nutraceutiche. Il succo di questo agrume, da sempre considerato un prodotto secondario rispetto all’olio essenziale ricavato dalla scorza, si è scoperto avere proprietà molto interessanti dal punto di vista salutistico e agire direttamente sulle patologie metaboliche.
Ecco un piccolo estratto della mia tesi di laurea sulle proprietà nutraceutiche e salutistiche del Bergamotto.
Veniamo dunque agli aspetti salutistici e nutraceutici del succo di bergamotto.
Tra i fitoterapici ad azione antiossidante impiegati per la prevenzione e il trattamento di varie patologie metaboliche, da più parti è indicato anche il bergamotto – il cui potenziale terapeutico è stato recentemente analizzato anche in studi condotti sull’uomo – poiché contiene un insieme unico di flavonoidi e glicosidi flavonoidici nel succo e nell’albedo (fra cui neoeriocitrina, neoesperidina, naringina, rutina, neodesmina, roifolina e poncirina), che lo differenziano dagli altri agrumi non solo per la composizione dei suoi flavonoidi, ma anche per il loro contenuto particolarmente elevato.
Al contrario di altri agrumi, il succo di bergamotto, a causa del suo sapore amaro, non ha trovato in passato un adeguato uso nell’industria ed è stato considerato, per molto tempo, uno scarto della produzione di olio essenziale.
Negli ultimi anni le proprietà benefiche di questo succo – dopo il superamento di pregiudizi e false conoscenze che lo volevano portatore di sostanze cancerogene e allergeniche – hanno suscitato interesse in
considerazione delle sue potenzialità per la salute umana, atteso che, tra le diverse sostanze contenute nel succo di bergamotto, un ruolo primario è dato dai sopra citati polifenoli.
La ricchezza di flavonoidi conferisce al succo in esame proprietà antinfiammatorie, vasoprotettive, ipolipemizzanti e ipoglicemizzanti; esercita azione antiossidante, di modulatore neuro-endocrino e di regolatore metabolico. Ciò rende i derivati del bergamotto splendidi esempi di prodotti nutraceutici da utilizzare nella prevenzione e nella cura di malattie ormai diffusissime quali il diabete, le alterazioni dei grassi (ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia), la steatosi epatica. Molta attenzione è stata riposta all’utilizzo del bergamotto per il trattamento dell’ipercolesterolemia lieve (in caso d’intolleranza alle statine), così come in associati stati di disglicemia.
Quanto agli effetti sull’assetto lipidico, i derivati di due flavonoidi contenuti nel succo di bergamotto (esperidina e naringenina) lo modulano comportandosi come statine. Ne deriva, quindi, “che il succo di bergamotto riduce i livelli di colesterolo totale nel sangue. Studi in vitro suggeriscono che la naringenina e l’esperedina riducono l’attività dell’enzima acil-CoA-colesterolo aciltransferasi (ACAT), inibendo l’assemblaggio delle lipoproteine. Si hanno inoltre effetti sui trigliceridi sierici giacché la esperedina riduce l’attività di un enzima chiave nella sintesi epatica dei trigliceridi, la fosfatidico-fosfoidrolasi (PAP)”.
Altri studi hanno evidenziato che il succo di bergamotto oltre a contenere esperetina e naringenina, contiene anche la melitidina e la brutieridina con proprietà simili alle statine. Questi studi hanno dimostrato che l’esperetina per uso dietetico riduce l’accumulo di trigliceridi epatici; questo si associa a una ridotta attività degli enzimi responsabili della sintesi dei trigliceridi, tra cui l’enzima fosfatidato-fosfoidrolasi.
Mentre il derivato dalla naringenina, ossia la naringina, ha dimostrato di inibire i livelli epatici di HMG-CoA reduttasi. Di conseguenza, è probabile che melitidina e brutieridina, in sinergia con la naringina e altri glicosidi flavonoidici, siano responsabili della sorprendente efficacia della frazione polifenolica del bergamotto nel ridurre i livelli di colesterolo.
Più recenti ricerche suggeriscono il potenziale vantaggio di attenuare gli effetti collaterali indotti dalle statine grazie alla co-somministrazione di polifenoli del bergamotto e a dosaggi ridotti di statine. È stato dimostrato, infatti, che la frazione polifenolica del bergamotto, somministrata oralmente a pazienti con iperlipidemia mista, permette la riduzione della dose giornaliera di rosuvastatina, mantenendo i valori lipidici target previsti per i trattamenti ipolipidemici. Ciò perché la riduzione del colesterolo sierico nei pazienti che assumono la frazione polifenolica del bergamotto e rosuvastatina è accompagnata da una rilevante riduzione dei livelli di trigliceridi, effetto non riscontrato con la sola rosuvastatina.
Inoltre, un numero crescente di prove sperimentali ed epidemiologiche indica come i polifenoli alimentari possano svolgere un ruolo importante nel migliorare il prediabete e altri fattori di rischio che portano allo
sviluppo della sindrome metabolica. In particolare, è stato dimostrato che la frazione polifenolica del bergamotto migliora il profilo lipidico e normalizza la pressione sanguigna nei pazienti affetti da sindrome metabolica.
I benefici per la salute ottenuti tramite l’assunzione di polifenoli sono generalmente attribuiti a meccanismi non specifici, dovuti a un’azione antiossidante ad ampio spettro e a meccanismi più specifici. Infatti, l’attività in vitro dei polifenoli suggerisce fortemente che il loro ruolo vada ben oltre la capacità di limitare i processi ossidativi, perché essi si sono dimostrati efficaci nel modulare gli enzimi metabolici, i recettori nucleari, l’espressione genica e molteplici vie di segnalazione.
Ancora, è stato osservato come la frazione polifenolica del bergamotto determini anche un’importante riconfigurazione del profilo particolare delle lipoproteine, riscontrato dopo 120 giorni di trattamento, poiché
riduce le particelle aterogeniche di piccole dimensioni di LDL e aumenta le particelle lipoproteiche antiaterogeniche di grandi dimensioni di HDL.
Questo effetto, associato alla riduzione dei biomarcatori infiammatori, suggerisce che la frazione polifenolica del bergamotto porti a un’attenuazione del rischio aterogenico nei pazienti affetti da sindrome metabolica, con conseguente riduzione del rischio cardiometabolico.
Conclusioni
Rimane tuttora da chiarire il meccanismo dell’effetto epatoprotettivo della frazione polifenolica del bergamotto, anche se le prove di laboratorio dimostrano che agisce come agente citoprotettivo. Questo dovrebbe
essere dovuto agli effetti della frazione polifenolica sull’infiammazione ossidativa e sui cambiamenti della permeabilità della membrana degli epatociti, probabilmente attraverso la sua stabilizzazione, impedendo così l’ingresso di tossine.
In definitiva, le numerose sostanze chimiche del bergamotto gli conferiscono azioni diverse e incisive.
Addirittura, “l’uso del bergamotto si estende fino alla dermocosmesi, alla prevenzione e al contrasto della caduta dei capelli, alla disinfezione del viso in caso di acne pustolosa; è ottimo negli impacchi contro la psoriasi e gli spasmi muscolari, è antiartritico e cura i dolori muscolari da trauma, diretti o indiretti.
Oltre a ridurre il colesterolo, i trigliceridi, il glucosio nei pazienti affetti da sindrome metabolica, migliorare la flora intestinale, regolare il sistema metabolico e ridurre i problemi cardiovascolari”.
Le proprietà menzionate dimostrano, pertanto, che gli aspetti salutistici e nutraceutici del succo di bergamotto, nonché gli elementi che lo contraddistinguono, hanno un grande potenziale come principi attivi in campo farmaceutico e come antiossidanti nell’industria alimentare.